L’ampolla viene prelevata dalla teca e il sangue non si è ancora sciolto.
Non è un buon presagio.
San Gennaro non può tirare uno scherzo tanto maldestro alla sua gente, oppure si?
L’apprensione e la suggestione si inseguono e si scazzottano, mentre le preghiere frammiste alle esortazioni delle facce più corrugate del folklore puramente partenopeo, si intrecciano secondo quel longevo rituale consolidato nel tempo.
“Faccia gialla, faccia gialla!”
Intanto il sangue non si sciogliere e questo per i napoletani è un presagio che funge da preludio a sentori tutt’altro che rassicuranti.
San Gennaro sarà stanco o forse è incazzato per quello che vede e che nemmeno lui riesce a cambiare. Come lo sono tutti i napoletani veri, del resto.
Da lui, però, ci aspettiamo “lo sforzo disumano”: il miracolo.
Almeno tre volte all’anno, perché, altrimenti le cose non vanno bene.
Da lui, lo pretendiamo, ma non sappiamo pretenderlo da noi stessi quello “sforzo disumano” nel quale comodamente adagiamo la speranzosa volontà di veder migliorare la realtà.
Oggi, San Gennaro, ci ha tenuto sulle spine fino alle 17.50, poi, il sangue lo ha sciolto.
Il fazzoletto bianco sventola e tutti tirano un sospiro di sollievo.
Eppure, in quel lungo corridoio di protratta attesa, il Santo ha disegnato una trama ben precisa e tutt’altro che casuale, forse.
Ci ha voluto imporre di non dare nulla per scontato, meno che mai il ripetersi dei miracoli.
Ha voluto scuotere le nostre coscienze, San Gennaro, esortandoci a rimboccare le maniche e partire dalle piccole cose per cambiare quello che non va o che non va come dovrebbe andare, senza aspettare che l’auspicio della miglioria cada sempre da cielo e sia il Santo patrono a consegnarlo.
“Scetateve, e siate voi il miracolo che andate trovando da me!”
Questo, oggi, ci ha voluto lasciar intendere “il nostro” San Gennaro…