E’ finito in manette un 29enne di Altamura (Bari), perché accusato di un gravissimo reato: avrebbe soffocato di notte la figlia di tre mesi, Emanuela Difonzo, ricoverata in ospedale.
L’orribile delitto risale alla notte fra il 12 e il 13 febbraio. Secondo i pm, l’uomo, Giuseppe Difonzo, ha agito con premeditazione, avendo scoperto vari tentativi di soffocamento avvenuti nei giorni precedenti. Questo è quanto emerso proprio dalle indagini, che hanno delineato come più volte avrebbe tentato di soffocare la piccola, provocando continui ricoveri.
Dal 19 gennaio al 12 febbraio, infatti, la bambina sarebbe stata ricoverata più volte per un totale di 70 giorni. Ad insospettire il personale sanitario dell’ ospedale pediatrico “Giovanni XXIII” di Bari sarebbero state proprio le condizioni di salute della bambina che, nonostante venisse ricoverata continuamente per soffocamento, non presentava patologie respiratorie: sarebbero stati proprio i medici, infatti, a contattare il Tribunale per i minori.
L’assassino era già detenuto per violenza sessuale nei confronti di una minorenne. Ma nel caso dell’omicidio della figlioletta è venuto fuori anche un testimone oculare, un bimbo di tre anni e mezzo: il piccolo teste, che era ricoverato nella stanza d’ospedale della piccola Emanuela Difonzo, avrebbe assistito a un tentativo di soffocamento da parte del padre la mattina precedente al giorno in cui la bimba è stata uccisa. Il bambino è stato sottoposto nei mesi scorsi ad ascolto protetto e ha confermato l’episodio mimando i gesti visti fare all’uomo.
La tragica vicenda è accaduta intorno a mezzogiorno del 12 febbraio, nella stanza c’erano soltanto il padre di Emanuela, la piccola e il bambino ricoverato nel letto accanto. A un certo punto Giuseppe Difonzo l’avrebbe distratto facendolo giocare con il suo telefonino e si sarebbe poi avvicinato al letto della figlia toccandola e premendole su fronte, bocca, collo e pancia. Poco dopo la bambina avrebbe iniziato a stare male. L’intervento di medici e infermieri le salvarono la vita, ma dodici ore più tardi il 29enne ci avrebbe riprovato, questa volta riuscendo nel suo maledetto intento omicida.
“Gli esiti investigativi consentivano di accertare che la lattante deceduta era stata destinataria di diverse azioni aggressive e violente ordite ai suoi danni dal padre, soggetto portatore della Sindrome di Munchausen“, queste le dichiarazioni della procura di Bari. Tale sindrome è una particolare patologia psichiatrica che porterebbe il malato ad attirare continuamente l’attenzione su di sè: l’uomo, infatti, avrebbe anche tentato il suicidio qualche anno prima.
Ricordiamo che proprio a causa della pericolosa situazione familiare il 15 gennaio la neonata era stata affidata agli assistenti sociali di Altamura per essere poi collocata in una comunità. Tuttavia, sulla base delle relazioni di medici e assistenti sociali, il provvedimento venne revocato il 29 gennaio. Il Tribunale riaffidò così la bimba a Giuseppe Difonzo e alla compagna, disponendo però visite domiciliari a partire dal 2 febbraio. La settimana dopo la piccola Emanuela venne ricoverata di nuovo, per morire poi, il 13 febbraio.