Dopo otto giorni di colloqui al tavolo svizzero di Losanna, nella tarda notte del 2 aprile, il presidente iraniano Hassan Rouhani twitta: “Nucleare, trovata soluzione sui punti chiave”.
Lo storico accordo raggiunto tra i “5+1” (i membri del Consiglio permanente dell’Onu più Federica Mogherini, rappresentante in carica dell’Unione europea per gli affari esteri) e l’Iran pone le premesse necessarie per la stesura di un testo ufficiale che andrà vagliato entro il 30 giugno di quest’anno. Per avere un quadro d’insieme e cercare di capire il motivo di anni di infruttuose trattative tra l’Onu e l’Iran, è necessario però fare un passo indietro.
Corre l’anno 2006 quando il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite vara una serie di pesanti sanzioni economiche contro l’Iran circa la vendita di armi militari, nonché il divieto di investire nella tecnologia nucleare anche in paesi terzi. Aspetto derivante dall’elezione alla presidenza del Paese nel 2005 di Ahmadinejad che si presenta subito male alla comunità internazionale inaugurando un reattore nucleare a pochi giorni dalla data in cui avrebbe dovuto firmare l’accordo in cui si impegnava a interrompere i processi di arricchimento dell’Uranio.
E’ solo nel settembre 2013, quando ad Ahmadinejad succede Rouhani, personaggio certamente più moderato del suo predecessore, che con la celebre telefonata ad Obama si riallacciano rapporti interrotti nel 1979 e si parla di “nuovo corso fatto di trasparenza e di collaborazione”.
Le parti in causa però hanno obiettivi molto diversi e contrastanti e saranno necessari due anni e altrettanti tavoli di trattativa (Ginevra e Vienna) prima di arrivare finalmente alla storica intesa di Losanna, come è stata definita ieri da Obama.
Nello specifico, l’Iran dovrà ridurre il numero di centrifughe nucleari per l’arricchimento dell’Uranio dalle attuali 10000 a circa 6000, si impegnerà a non costruire nuovi impianti e a convertire il maggiore esistente, ad Arak, per produrre solo radioisotopi da utilizzare in ambito medico; provvederà inoltre a mettere l’area di Natanz, definita yellowcake proprio per la presenza di numerose miniere di Uranio, sotto il controllo dell’ AIEA (Agenzia Internazionale per l’energia atomica).
Praticamente, in questo modo, l’Iran mantiene le infrastrutture e la tecnologia nucleare, ma posticipa i tempi di almeno dieci anni, quindi possiede tutto il necessario per costruire la bomba atomica, ma di fatto non può costruirla prima del 2025. Eliminando, inoltre, le sanzioni Onu sull’embargo si dà una notevole spinta all’economia del Paese, rendendolo sicuramente più forte, ma senza spingere alla corsa alla proliferazione nucleare in tutto il Medio Oriente.
Fatta eccezione per la scontata e dura opposizione di Israele per motivi fondamentalmente economici, l’accordo di Losanna è stato accolto con grande soddisfazione da tutti i leader dei Paesi membri dell’ Onu che vedono in questo modo definite le giuste premesse sulla strada della pace in uno scenario delicato quale è il Medio Oriente e di conseguenza una maggiore sicurezza anche per l’Occidente. Sottolinea Federica Mogherini: “Per L’Iran apertura alle relazioni commerciali significa apertura al Mondo; e l’inizio della costruzione di un nuovo quadro regionale, che puo’ essere decisivo nella gestione delle crisi, dalla Siria, allo Yemen, all’Afghanistan”.
Grande soddisfazione sull’operato dell’ Alto Rappresentante per la politica estera e del suo team è stato espresso dal nostro premier Renzi e dal ministro degli Esteri Gentiloni.