Un episodio che fa ben comprendere quanto sia difficile il mestiere del giornalista è quello legato alla figura di Viaceslav Starodubtsev, un giornalista russo che ha vissuto davvero “un weekend nero”. Come riportato da alcuni media russi, il giornalista è stato sequestrato ieri nella città di Derbent, seconda per importanza nella Repubblica Autonoma del Daghestan. Dopo essere stato pestato da ignoti assalitori mascherati, è stato portato in campagna dove gli è stato intimato di lasciare il Daghestan. Ecco, però, la minaccia più temuta: se non avesse rispettato tali condizioni, avrebbero potuto far del male persino alla sua famiglia.
Starodubtsev è considerato un personaggio “pericoloso” e scomodo perché coordinatore di un progetto, da lui lanciato e chiamato “La mia Derbent”. Questa iniziativa è nata per denunciare la corruzione nel governo della città e gestisce pagine su vari social networks russi come VKontakte e Odnoklassniki
Il giornalista ha detto al giornale russo “Meduza” di aver identificato uno dei suoi aggressori, ma la notizia è smentita dal capo dell’associazione anti- corruzione: Starodubstev non sarebbe stato capace di identificare l’uomo, anche se la sua maschera sarebbe caduta durante l’attacco.
Il Daghestan è stato definito “il posto più pericoloso d’Europa” e un reportage della giornalista della BBC, Lucy Ash, spiega bene il perché: è una delle regioni più povere della russia, è abitata da una ventina di gruppi etnici, per la maggior parte di origine caucasica turca, con consistenti minoranze russe, azere e cecene. Dal punto di vista religioso, quasi il 90 per cento della popolazione è musulmana, perlopiù sunnita. Forte è anche la presenza di movimenti islamici fondamentalisti che vorrebbero instaurare uno stato islamico indipendente da Mosca. Un Paese che vive una situazione instabile e sicuramente nemmeno facile da raccontare.
Eppure, le penne di alcuni giornalisti sono pronte a tutto per l’amor del vero. Lo si rivede nella vicenda di Starodubtsev, ma è stato ancora più evidente nell’ omicidio di Chadzimurad Kamalov, ucciso a colpi di arma da fuoco il 15 febbraio 2011 a Makhachkala, capitale del Daghestan. E’ stato freddato mentre usciva dalla sede del suo giornale, “Chervonic”(cioè “libertà di parola”), molto conosciuto per le inchieste sulla corruzione governativa in Daghestan. Quest’omicidio era stato considerato “un colpo letale alle libertà di stampa” proprio in quell’area, “così pericolosa per i reporter”.
Vicende drammatiche che sembrano ricalcare l’imperativo “Meglio se taci” (titolo di un omonimo libro di Alessandro Gilioli e Guido Scorza) ; però, soprattutto dinanzi a certe realtà, non è possibile tacere, dato che l’informazione è, spesso, l’unico mezzo di denuncia a disposizione dei cittadini.