La Fondazione Pagliara nasce nel 1947 da un’idea di Maria Antonietta e Adelaide Pagliara che decisero di lasciare l’ingente patrimonio artistico ereditato dal fratello Rocco Pagliara a disposizione dell’Istituto Suor Orsola Benincasa, affinché le allieve dell’allora Magistero potessero avvalersene per gli studi della storia dell’arte.
Rocco Pagliara, singolare personalità che visse fra l’800 ed il ‘900 in un clima di grande fervore intellettuale ed artistico, fu un intellettuale interessato alla musica e alla poesia, amico di artisti e collezionista straordinario di quadri, stampe, porcellane, vetri, ceramiche, mobili, spartiti musicali.
Tutti i suoi tesori, una volta arrivati al Suor Orsola, furono organizzati in un museo, ospitato all’interno di quelle che un tempo erano state le celle delle monache sul grande claustro.
L’ideale sequenza cronologica secondo la quale sono stati disposti i quadri, i mobili, le sculture e gli oggetti minori conferiscono ad ogni cella una particolare fisionomia che è riconducibile ad un dato momento storico.
L’organizzazione dei beni di Rocco Pagliara all’interno del Museo è da attribuirsi a Sergio Ortolani, professore di storia dell’arte nel Magistero ed insigne storico, e a Valerio Mariani che, in seguito alla sua morte, gli successe nella cattedra e completò l’opera di sistemazione.
Il Museo venne inaugurato nell’aprile del 1952.
In ogni saletta si hanno le testimonianze di arte e di ambienti dal XVI alla fine del XIX secolo. Si passa così dalle tavole di tarda maniera bizantina ad opere manieristiche a pitture del seicento di suggestione caravaggesca, ad esempi di arte barocca e rococò, fino alle testimonianze dell’arte napoletana contemporanea a Rocco Pagliara.
Gioiello della collezione è la tavoletta con le Stimmate di San Francesco, opera di Dominikos Theotokopoulos detto El Greco, databile al 1571 e pubblicata da Valerio Mariani per la prima volta nel 1953. La tavoletta è di grande interesse perchè testimonia uno dei momenti formativi del Greco durante il suo soggiorno in Italia.
Fra le opere conservate nel museo, ricordiamo anche il Viandante di Michiel Sweerts, nordico operante a Roma nella cerchia dei caravaggeschi “di passo ridotto”, così definiti da Longhi per indicare il passaggio dal naturalismo distaccato e selettivo di Caravaggio alla interpretazione che questi artisti danno della vita quotidiana nei suoi aspetti minori e talvolta crudamente realistici.
Alla fine degli anni venti del Seicento risale il Tobiolo e l’Angelo di Claude Lorrain, affascinante opera dell’artista francese, giunto giovanissimo in Italia, e che divenne il massimo interprete della pittura di paesaggio del suo tempo.
L’Ester e Assuero di Bernardo Cavallino, databile a circa il 1642, è uno dei momenti più alti del pittore napoletano, che offre una originale interpretazione, in chiave lirica ed intimista, del dato reale, preludio, come è stato scritto, della moderna pittura “borghese” del Settecento.
La natura morta è rappresentata nel Museo da tele di Mario dei Fiori, di Francesco Fieravino detto il Maltese, di Gasperino Lopez.
La Madonna con Bambino e Santi domenicani di Luca Giordano, è il bozzetto per una grande pala d’altare in una chiesa napoletana; esso rappresenta verso il 1685 uno dei momenti di più luminosa libertà pittorica raggiunta dal grande maestro, massimo rappresentante della pittura barocca.
Ancora il XVIII secolo è rappresentato dal Ritratto di dama di Orazio Solimena, dal raffinatissimo rame di grazia rococò, con Apollo e Dafne, di Fedele Fischetti, dal forte ritratto di Niccolò Sommelli di Giuseppe Bonito, dal San Pietro Penitente di Jacopo Cestaro.
Tra le opere più importanti dell’Ottocento va ricordato il Paesaggio autunnale di Camille Corot, databile a circa il 1850. Sono poi numerosi i dipinti di autori napoletani: Morelli, Mancini, Rossano, Vianelli, Gigante, Toma, Migliaro.
E’ da ricordare ancora la serie di miniature sette-ottocentesche, e fra esse i ritratti degli ammiragli inglesi di sir Joshua Reynolds. Nelle vetrine sono in mostra preziose porcellane di Capodimonte, di Sévres, di Meissen; delicati vetri veneziani sei-settecenteschi; tabacchiere miniate e splendidi ventagli ricamati e dipinti.
Fanno parte di questo cospicuo patrimonio i mobili: un coro ligneo della fine del XVI secolo, cassoni seicenteschi, cassettoni seicenteschi e settecenteschi, consolles barocche, tavoli e salottini fine settecento e ottocento.