È nei “casi di emergenza” che la criminalità sa esibire le dinamiche più inverosimili e surreali.
Un sedicenne che al cospetto dell’arresto del padre e dello zio, Giuseppe Lai e Giovanni Guzzo, due quarantenni esponenti del clan Belforte di Marcianise operanti su Maddaloni, si è visto “costretto” a prendere le redini dell’organizzazione in mano. L’autorizzazione a proseguire i lavori per l’installazione della fibra ottica per conto della Telecom la doveva dare
È così che oggi il 16enne è stato spedito in una comunità per minori, su ordine del tribunale competente, per reati di estorsione e usura aggravato dal favoreggiamento camorristico. Reati pesantissimi, considerando la giovane età del sedicenne che, secondo quanto raccolto dalle indagini coordinate dalla Procura della Repubblica per i minorenni e svolte dai carabinieri di Maddaloni, guidati dal capitano Pasquale Puca, avrebbe continuato a svolgere gli affari di famiglia, in compagnia di altri affiliati, tra cui un altro zio, anch’egli raggiunto dalla misura cautelare dell’obbligo di dimora. Questa volta, contrariamente a quanto avvenuto in altre vicende camorristiche simili, in assenza dei «capi» detenuti, la gestione degli affari criminali non ha riguardato moglie o compagna ma un figlio minorenne. Dalle indagini sarebbe emerso che il ragazzo si sarebbe presentato agli imprenditori per chiedere il pizzo o la rata del prestito usuraio, riscuotendo anche somme di danaro.
Una vicenda che consegna una soluzione “inedita” in termini di dinamiche di successione riconducibili alle sorti di un clan.