Quanto accaduto in queste ultime ore a Napoli, inevitabilmente, scuote e non poco le coscienze.
Spiazza, disarma, sbigottisce, terrorizza, sconcerta, smarrisce, intristisce, preoccupa, allarma, intimorisce.
Nei giorni precedenti ho ripercorso il mio calvario personale nel corso di un’intervista rilasciata a “Radio Stonata”, una web radio che dopo aver appreso la mia inverosimile vicenda ha fortemente voluto dare voce alla mia storia e al vibrante e fermo urlo di denuncia sociale, saldamente radicato al suo interno.
Non posso impedire alla mia mente di associare i due prototipi di madre che emergono dalla mia vicenda e da quella del ragazzo seviziato nell’autolavaggio di Pianura e ridotto in fin di vita, per effetto di quello che quella madre ha avuto il coraggio di definire “un gioco finito male”.
L’impossibilità di indirizzare un discorso lungo i binari della logica e del buon senso, al cospetto di “quelle madri”, l’ho udita con i miei occhi e l’ho subita sulla mia stessa pelle.
È l’ignoranza pura, cruda, spoglia, becera, sfrontata ed arrogante, non quella che sgorga dalla mancanza di cultura o dall’impossibilità di esibire un linguaggio forbito, piuttosto è l’uso improprio che si fa delle parole e i concetti che si costruiscono con lucida e livorosa cognizione di causa a sviscerare il vero male che deteriora la coscienza sociale del popolo napoletano.
L’ignoranza è l’impossibilità di battere con veemenza la mano contro il petto, più e più volte, per inchiodarsi addosso un costruttivo “mea colpa” ed ammettere responsabilità, limiti, lacune, falde e pecche al cospetto di simili ed agghiaccianti malefatte.
Invece no.
L’ignoranza è un handicap che ti permette di compiere quel gesto solo per simulare un “atto di dolore” al cospetto di un Crocifisso la domenica intorno alle 12.00.
L’ignoranza è una malattia ereditaria e la cronaca contemporanea barbaramente e palesemente lo dimostra.
Questi ragazzi, però, “quella figlia” nel mio caso e “quel bullo di 24 anni“ nell’altro caso, non hanno attenuanti: l’ignoranza delle loro madri non può più costituire un morbido e commiserevole alibi, perché quei ragazzi hanno “un’opportunità” che si chiama scuola, contesto sociale, evoluzione ideologica e mille altri appigli ai quali aggrapparsi per mostrare alle loro stesse madri “il volto civile” del mondo.
Sono loro, quei ragazzi, che devono insegnare a quelle donne a migliorarsi.
Intanto, stasera dalle 20 alle 21, nel corso del programma “Voci” parlerò di “quella madre e quella figlia” e di molto altro su: www.radiostonata.com.
A chiunque decida di seguire il programma chiedo di “sentirmi” e non di “ascoltarmi”…