In questi giorni a Pompei, sito archeologico “Patrimonio Mondiale dell’Umanità” dal 1997, sono state riportate alla luce un’urna infantile e la tomba di una sacerdotessa in una zona posta all’esterno di Porta Nola, nei pressi delle antiche mura.
L’urna infantile è riferibile a quella di un neonato tra i 3 e 6 mesi di vita; l’altra tomba, invece, è un sepolcro monumentale forse attribuibile ad una sacerdotessa di Cerere. Sono anche stati ritrovati dei frammenti di osso lavorato, che decoravano il letto funebre di uno dei defunti. Gli scavi hanno già portato alla luce delle urne cinerarie nella tomba di Obellius Firmus, uno degli uomini più potenti ed influenti della Pompei d’epoca romana. Infatti fino al I secolo d.C. i defunti venivano bruciati, fatta eccezione per i neonati senza denti.
Stavolta Pompei ci ha restituito tesori nell’ambito dell’archeologia della morte, ambito estremamente affascinante. La campagna è stata condotta da una missione congiunta tra la British School di Roma e l’Università di Valencia, in collaborazione con la Soprintendenza Speciale per Pompei, Ercolano e Stabia. Il progetto si pone come obiettivo lo studio della popolazione di Pompei e, in particolare, l’andamento del popolamento in epoca romana, utilizzando i dati dell’area di indagine. Lo studio della necropoli permetterà, infatti, di indagare le caratteristiche sia fisiche che sociali degli abitanti di Pompei, oltre a conoscerne le abitudini alimentari, lo stile di vita ed i costumi funerari. Il progetto intende, quindi, indagare sui differenti ceti sociali attraverso diversi tipi di sepolture, di cui Porta Nola offre esempi emblematici. La ricerca sarà anche ampliata grazie allo studio dei calchi rinvenuti nell’area di Porta Nola, già durante lo scavo del 1976-1978.
Sulla base di queste ultime importanti scoperte, dal prossimo anno, ci saranno a Pompei nuovi percorsi dedicati alle necropoli e alla “sfera funeraria” degli antichi.
Pompei, la città teatro di uno dei più grandi disastri del mondo antico, rimasta muta per molti secoli prima della sua riscoperta, ha custodito a lungo storie di persone di ogni età e oggi continua a stupirci svelandoci tali meraviglie, dimostrando, ancora una volta, che “Pompei non è un ammasso informe di mutile macerie, materia esclusiva per le speculazioni erudite di un archeologo: è una rovina vivente… è la realtà stessa.” (Charles Garnier, 1892).