San Giovanni a Teduccio, un quartiere-simbolo della periferia di Napoli per tante e varie ragioni e in grado di personificare in maniera corposa ed esaustiva l’essenza della realtà che contraddistingue quel contesto e non a caso è uno dei tre tasselli che compone – insieme a Barra e Ponticelli – il cosiddetto “triangolo della morte”.
Un quartiere che rappresenta appieno i limiti, le contraddizioni e le brutture della periferia est, quelli che raccontano storie di camorra, di povertà “vera”, di malapolitica, di disastri ambientali e progetti sociali. Il quartiere di bambini, scalzi, animati dalla voglia di impugnare le armi, piangono quando vedono un uomo in divisa e corrono a consegnare “la soffiata” a chi, nel loro immaginario forgiato ad immagine e somiglianza di quel credo, rappresenta “il buono” da salvare; il quartiere di donne che dopo aver vissuto di stenti per una vita intera si trascinano lungo i marciapiedi di un epilogo destinato a consumarsi ancora tra sacrifici e privazioni. I quartiere di agguati e bambini in grembiule che con un ingombrante zaino sulle spalle vanno a scuola tenendo per mano madri dallo sguardo perennemente vigile. I quartiere di rifiuti tossici e veleni “nascosti” neanche troppo bene e soprattutto di dicerie, chiacchiere, luoghi comuni, pregiudizi e paure che isolano i problemi, piuttosto che risolverli.
Come tutti i posti “malfamati”, il quartiere – abitato da oltre 25.000 anime – possiede il suo “luogo da evitare”, ovvero, l’epicentro che funge da contenitore di tutte le brutture e malefatte riconducibili all’attività illecita radicata nel quartiere. A San Giovanni a Teduccio quel posto è il Bronx.
Oggi, tra le mura del Bronx, spira un’aria diversa, insolita, animata da un moto di rabbiosa incredulità. Poca voglia di parlare, tanta voglia di capire, ma nessuno osa avanzare ipotesi, illazioni e teorie da accostare alla macabra scoperta che ha introdotto la giornata odierna.
Vincenzo Amendola, un ragazzo di appena 18 anni, era scomparso lo scorso 5 febbraio. Il suo corpo è stato ritrovato senza vita questa mattina, seppellito in un terreno agricolo in viale 2 Giugno, in una zona utilizzata come fattoria. Si tratta di un luogo impervio ma non lontano dalla zona di Taverna del ferro, dove si trova tra l’altro l’istituto Cavalcati e la sede della Municipalità.
Dai primi accertamenti è emerso che il ragazzo è stato ucciso con almeno due colpi di pistola alla testa. Naturalmente, è necessario attendere l’esito dell’autopsia per saperne di più.
Nei giorni precedenti, i genitori avevano diramato un appello volto proprio a far luce sulla scomparsa del giovane e supportato anche d’ala trasmissione di Rai3 “Chi l’ha visto?”. Al momento della scomparsa, il ragazzo indossava un lupetto color fango, dei pantaloni beige, un cardigan di colore blu con cappuccio e scarpe da ginnastica. Sull’avambraccio destro, un tatuaggio che raffigura una carpa giapponese con la scritta “Elena”. La sua andatura era claudicante a causa di un incidente avuto in passato. I genitori avevano spiegato che il ragazzo era uscito di casa verso la mezzanotte di giovedì, 4 febbraio, come di solito usava fare rientrando al mattino seguente. Venerdì, 5 febbraio, invece, Vincenzo non aveva fatto più rientro a casa e da allora nessuno lo aveva più visto.
Vincenzo abitava proprio lì, nel Bronx.