“Era meglio per loro che mi uccidevano.. perchè a lasciarmi in vita è un problema … e questo.. che ti sto dicendo?… avranno il problema a vita … “Peppe o Blob” …. hai capito il problema come lo tengono… come se fosse niente…”
Parlava così Rosario Rolletta, all’indomani dell’agguato subito lo scorso 2 novembre e al quale riuscì fortunosamente a sopravvivere. L’ex affiliato al clan De Martino di Ponticelli, oggi collaboratore di giustizia, esprimeva senza mezzi termini alla compagna e ad un’altra persona che si era recata a casa sua per sincerarsi delle sue condizioni, la sua intenzione di vendicarsi dell’esecutore materiale di quell’agguato: Giuseppe Righetto detto Peppe ‘ o blob, fratellastro dei Casella, reggenti dell’omonimo clan, arrestato il 21 marzo scorso, proprio perchè stimato essere non solo l’autore dell’agguato cagionato ai danni di Rolletta, ma anche di quello in cui rimase ferito Rodolfo Cardone, anch’egli vicino al clan XX, sigla identificativa dei De Martino.
Un’intenzione rilanciata nei giorni a seguire, quando si accorge che altri soggetti legati al clan Casella-De Luca Bossa si aggirano nei pressi della sua abitazione in via Matilde Serao a Caravita – frazione del comune vesuviano di Cercola – con il chiaro intento di “finire il lavoro”, quindi di ucciderlo.
Inconsapevoli di essere ascoltati, Rolletta e i suoi interlocutori, ricostruiscono lo scenario in cui è maturata la faida, facendo riferimento ad alcune frizioni insorte con Peppe o’ blob, riguardanti la gestione degli affari criminali, poichè Rolletta avrebbe aperto una piazza di spaccio nuova senza il consenso di Righetto. Tant’è vero che lo stesso Rolletta racconta che una batteria composta da soggetti riconducili al clan Casella-De Luca Bossa si era recata nella zona delle palazzine di via Matilde Serao per intimorirlo, chiedendo i soldi delle piazze di spaccio che gestiva a Caravita.
Dalle intercettazioni telefoniche emerge il clima di terrore in cui viveva Rolletta che giorno dopo giorno si convinceva sempre di più di essere stato ‘venduto’ dal clan De Martino ai Casella-De Luca Bossa, soprattutto perchè intuì di essere stato indicato dai De Martino come l’esecutore materiale dell’agguato perpetrato ai danni di Luigi Aulisio, cognato dei Casella. Parlando di sè, Rolletta rivendica lo status di malavitoso ed è proprio per questo che era entrato in rotta di collisione anche con i gregari del clan al quale apparteneva. Dopo una lunga militanza tra le fila del clan De Micco, Rolletta era infatti passato al soldo del clan De Martino, sodalizio camorristico rifondatosi proprio sulle macerie del clan De Micco, all’indomani del blitz che nel 2017 decapitò l’organizzazione fondata da Marco De Micco detto “Bodo”. In seguito all’arresto delle figure apicali del clan, il ruolo di leader era ricoperto dal fratello minore di Antonio De Martino, soprannominato XX. Un ruolo dettato dal legame di sangue e non di certo dall’anzianità, considerando la giovane età dell’ultimo superstite della famiglia De Martino. Una decisione mal tollerata da Rolletta che non faceva nulla per nascondere la sua difficoltà nel riconoscere a quel giovane, acerbo ed inesperto in materia di malavita, il rispetto che è doveroso tributare al boss reggente di un clan camorristico.
Scomodo per gli amici, ma ma anche per i nemici, Rolletta è l’agnello sacrificale perfetto da destinare al macello per ripristinare la pax armata a Ponticelli.
In questo clima matura la decisione di Rolletta di diventare un collaboratore di giustizia: una scelta dettata dalla necessità di salvarsi la vita e che scaturisce al culmine di una concitata notte nel corso della quale riceve un’improvvisa ed inaspettata visita, nel cuore della notte, da parte di un giovane affiliato al clan XX. Un dettaglio che lascia presumere che per ripristinare la pace a Ponticelli, i De Luca Bossa-Casella possano aver chiesto ai De Martino di uccidere Rolletta, verosimilmente anche per dargli una “prova di fedeltà.”
Una scelta maturata al culmine di una notte travagliata, nel corso della quale Rolletta e i suoi familiari vivono attimi di terrore.
Accade tutto in una notte.
La sera del 3 dicembre scorso, Rolletta telefona al centralino della Questura di Napoli, simulando di aver ricevuto una telefonata dalla Squadra Mobile con l’intento di essere ricontattato. Poco dopo, intorno alla mezzanotte del 4 dicembre, contatta il figlio e gli chiede di non aprire la porta a nessuno, una richiesta scaturita dal fatto che Rolletta percepisce che lui e la sua famiglia siano in serio pericolo.
Sono le 00:23 quando riceve una telefonata da parte di Vincenzo Di Costanzo – il giovane contiguo al clan XX rimasto ferito nell’agguato avvenuto lo scorso 7 marzo in cui ha perso la vita Giulio Fiorentino – che gli dice di essere sotto casa sua e lo invita a scendere. Rolletta inventa una scusa, sorpreso da quella visita inaspettata, e dice di non essere in casa.
Poco dopo, l’uomo telefona ai Carabinieri di Cercola, palesando la presenza di 7 persone a lui sconosciute all’esterno della sua abitazione che chiedono di entrare. Quindi il telefono passa tra le mani della moglie che con voce allarmata, spiega in maniera più esaustiva quello che sta accadendo: “Può mandare urgentemente una pattuglia in via Matilde Serao… Urgentemente… ci sono persone armate… ci sono persone armate fuori alla mia porta.”
I secondi diventano ore e l’attesa è sempre più snervante per Rolletta e sua moglie, terrorizzati da quello che vedono dallo spioncino della loro porta: un vero e proprio commando pronto a fare irruzione nella loro abitazione per regolare i conti con quell’affiliato diventato troppo scomodo e rinsaldare così i rapporti con i rivali.
C’è solo una porta ad anteporsi tra “il prezzo da pagare” per sedare la faida in corso, tornando a fare affari con i Casella/De Luca Bossa e la vita di Rolletta.
Il timore che quel commando, lì radunato evidentemente per ucciderlo, possa forzare la porta, sprona Rolletta a ricontattare i Carabinieri di Cercola per sollecitarne l’intervento, precisando di non conoscere quelle persone, mentre sua moglie aggiunge che dallo spioncino della porta ha intravisto una pistola.
Alle 2.31, Rolletta telefona nuovamente ai Carabinieri e chiede di parlare con il comandante. Getta la maschera e confessa di conoscere i soggetti che si erano presentati all’esterno della sua abitazione: “Ora è il momento che mi canto a tutti quanti…ora se volete venire, mi metto a tavolino…dalla a alla z…che vogliamo fare.. “
Con queste parole, nel cuore della notte, Rolletta manifesta alle forze dell’ordine, la volontà di passare dalla parte dello Stato. Un concetto che rimarca 10 minuti dopo, quando telefona nuovamente alla stazione dei Carabinieri di Cercola e ribadisce di voler riferire “vita, morte e miracoli”, quindi tutto quello di cui era a conoscenza in relazione a vicende camorristiche.
Nella mattinata del 4 dicembre, Rolletta telefona al padre per informarlo del fatto che fosse in procinto di lasciare la sua abitazione per alcuni problemi che si erano verificati la sera precedente. Gli specifica che le chiavi di casa erano custodite presso la Tenenza dei Carabinieri di Cercola e lo esorta a prestare la massima attenzione e di mostrarsi diffidente con chiunque, invitandolo a denunciare eventuali ritorsioni. Passano poche ere e Rolletta ricontatta nuovamente suo padre chiedendogli di non contattarlo più, in quanto aveva deciso di collaborare con la giustizia.