Ormai appare innegabile che “il culto della pizza” impazza, dilaga e continua a seguire tendenze e mode sempre più “imposte” dal web.
Nell’era in cui anche e soprattutto i “fenomeni virali” giocano un ruolo determinante nel dettare legge in materia di gusto, non di rado accade che a trovare sempre più cruda affermazione è il cinico principio del “pronti a tutto pur di apparire”.
Così, ogni giorno, impazzano sui social network foto, tag ed hashtag riconducibili alle pizzerie più disparate di Napoli e provincia.
Se è vero che il gusto è soggettivo, il cattivo gusto lo è di meno.
Si può essere disposti a chiudere gli occhi quando a cadere nello scivolone è un “profano del settore”, ma quando a propinare notizie non veritiere è una penna illustre e quotata in termini di arte culinaria, la faccenda evidenzia tutte le brutture che la suddetta e dilagante tendenza seguita a manifestare.
Uno delle suddette incongruenze più clamorose rilevate di recente porta la firma di un illustre esperto in materia che parlando di una nota pizzeria sita in via Caravaggio al Vomero gli attribuisce un improprio primato, attribuendole il merito di essere approdata “in una zona in cui non si facevano pizze”.
Eppure, ad appena una manciata di metri distanza, giace la vera pizzeria pioniera di quella strada: “Pizzazzà di Maurizio Ferrillo”, nata nell’aprile del 1993. Appare piuttosto inverosimile che le 14 vespe adoperate per il servizio a domicilio, siano state dimenticate o che possano essere passate inosservate alla memoria storica di quel luogo.
Di recente, il locale ha cambiato pelle, accogliendo tra le sue mura anche una dozzina di tavoli, così da poter soddisfare davvero tutte le esigenze.
Tuttavia, cambiando la modalità di servizio, il risultato non cambia: che si parli di take away piuttosto che di pizza a domicilio o della “classica” pizzeria, il primo a sondare il terreno in via Caravaggio in tal senso è stato Maurizio Ferrillo. Diffidate dai millantatori…